(Stream of consciousness IX) Deserto. Resistenza. Organizzazione.

Joseph Heydendahl (1844-1906), 
«Hunter in the Snowy winter forest».
Siamo vittime di un immaginario che se dovessimo tentare di razionalizzare dandogli una forma, assomiglierebbe pressappoco ad un uomo ritto sopra ad un precipizio, sull'orlo di una scogliera violentata dalle urla e dai tumulti spumosi di un mare inimmaginabilmente violento ed oscuro. La mente, nell'avvicinarsi a quest'idea, smarrisce la sua capacità intuitiva e conoscitiva, le uniche risorse delle quali può disporre. Questo accade perché del Nulla non ci si può formare un'immagine coerente né un concetto. Il Nulla è non-pensabilità e dunque qualsiasi immagine resta irrimediabilmente parziale; un prometeico tentativo di rendere perfetto l'imperfetto. Per quanto ci si possa approssimare ad esso, è del tutto impossibile entrare in contatto con il Nulla; sperimentare la primordiale potenza fondamentale che è nata nel secolo "tecnico" ed ha prodotto i suoi frutti più maturi in questo presente di esseri umani, merci e capitali in vorticosa circolazione nel pianeta delle titaniche aspirazioni.
Viviamo senza alternative, dunque, il "deserto che avanza", anche se il buon senso induce a considerare anche un altro aspetto non secondario che lascerebbe spazi di futuribilità non trascurabili: celato in sé, questo meschino agglomerato di speranze, ossa e nervi, ha l'incredibile capacità di nascondere la volta stellata: una capacità immaginifica quasi divina, il sogno, l'Eros e la potenza del suo "principio opposto" Thánatos. Ed essi sono luoghi e non-luoghi di resistenza, giardini edenici intorno ai quali il Leviatano si aggira sbavando, ringhiando di rabbia. 
La trascendenza in tutte le sue forme fa mancare il terreno al mostro, predispone la nascita di autentici punti ciechi (che sono i promontori sopra i quali innalziamo la bandiera della nostra resistenza ma che potremmo verosimilmente trasformare in tutta la nostra vita). Lasciamoci dunque aperti alla speranza, predisposti alla percezione del simbolo, ad ascoltare di nuovo l'Oracolo e a "conoscere noi stessi". Gli altari, venerando i quali si agognava la salvezza purificatrice dei rituali taurobolici, oggi sono lordi di sangue innocente e scene orrende. 
O ci salverà la forza ctonia di un uomo giusto, o ci salverà il ritorno di un perfetto Dio.

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