Il Silenzio vuole essere ascoltato sempre.

Millenovecentonovantanove ed Erika non vede mai il mattino. Non si accorge della pioggia che fa la guerra stanca sul Mondo. Ora Erika va in Piazza Verdi a rubare accendini, lo fa a Scienze Umane, dice: “torno subito” - e poi non torna mai. Per cinquanta centesimi li dà via. I peggiori li tiene lei che tanto non si vendono, oppure prova a venderli a coppie. La gente, comunque, non è scema. Con i soldi che mette da parte mangia dai pakistani che servono tutti, sempre gentili e vagamente socialisti. I soldi che avanzano dal pasto di sopravvivenza li accumula, dopo una settimana sono buoni per una dose. Scaldi con calma e poi inietti quella merda che scansa il sangue, cercando di farsi largo (perché con un po' di impegno e di terrore ci si entra tutti). Contro le serrande dei bar chiusi al Pratello, intanto, la sera fa l'amore in silenzio, senza disturbo. Un passo dinanzi l'altro, come l'ultima delle danze, le gambe ora provano ad alternarsi come le stagioni. Erika si ferma un momento sotto il porticato, e meccanica tira fuori il cellulare provando a far scorrere la rubrica a stento, come se sapesse che sarà l'ultima volta. Fissa il numero: “Amore ti prego almeno questa sera chiamami” - ripete tra sé piagnucolando. Anche un relitto può provare amore.
Ma amore non chiama e sono passati gli anni a dividerli, portando via tutto e lasciando solo le sere che hanno sorpassato di misura il giorno, le pisciate nei vicoli storici, le scopate per ventimila lire solo raramente, ed un pianto continuo che da qualche parte, a questo punto, è un fiume. Caos di momenti sbiaditi dividono una nave che affonda per l'ultimo viaggio, dal suo amore che non chiamerà. Mentre la disgrazia sferra gli ultimi colpi senza indugio né morale, Erika sente cedere ogni muscolo ed il suo personalissimo saluto al Mondo è lasciar partire una chiamata mettendo da parte l'orgoglio, l'ultimo pensiero. Un presente, se vogliamo. Quando si ama una persona le si può offrire solo il peggio che abbiamo.
Si spense un Lunedì sera mentre passava un aereo per il Kosovo con le antenne dei televisori che lo salutavano piano, facendo 'ciao' con la manina. Un biglietto del pullman timbrato quattro volte nella tasca destra, due pezzi da cinquecento lire nella tasca sinistra ed un fazzoletto usato. Dall'altra parte di un telefono intanto, un uomo ignaro del 'perché' della chiamata risponde insicuro e perplesso, in silenzio, ascoltando il freddo tutto provinciale dell'inverno bolognese che è come una preghiera. Salmodierà le divergenze.

Commenti

  1. "Quando si ama una persona le si può offrire solo il peggio che abbiamo" con questa frase rappresenti tutto.

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    1. Quando ami ti prepari psicologicamente per dare il peggio. E più di sforzi di essere il migliore possibile più accade sistematicamente il contrario, vorrei dirti ora "buona giornata", ma non mi esce.
      G.

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  2. Ho pensato "Ok Sarah lo leggi dopo pranzo, non ora, non di prima mattia", perchè sentivo il dolore che sudava dalle parole e non mi sbagliavo.

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    1. Sarah non aveva sbagliato una virgola. Aveva perfettamente compreso che questo è il blog degli abbracci mancati e dei fallimenti storico-generazionali. Non si diede ascolto, solo questo. (:
      G.

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  3. Sarah non si dava quasi mai ascolto (:

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  4. Preferisco questa Bologna a quella di "Giovani, nazisti e disoccupati".

    Grazie, maestro, per l'ennesima creazione.

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  5. "Millenovecentonovantanove ed Erika non vede mai il mattino..." l'incipit è da urlo... ;)

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