Dieci chilometri e quattrocento metri.
Massimo abitava in una casa polverosa
da quando Marzia non c'era più. In una casa prima stanca e solo dopo
polverosa. Sembrava vivessero quelle quattro mura, sotto i passi di
quell'uomo sfiancato. L'abitazione era viva e prendeva le somiglianze
di chi l'abitava. Un po' come il detto del cane che prende le mosse
del padrone. Massimo era alto e stempiato ma un ciuffo irregolare e
ingrigito cadeva e copriva una piccola parte della sua fronte, si
adagiava morbido sopra gli occhiali scuri, pesanti come un'anima che
non riposa. I libri, i libri erano ovunque e per un periodo 'meccanica
razionale' fu utilizzato per mantenere stabile il letto, per fare in
modo che non ondeggiasse in piena notte. Quella casa era instabile
come Massimo, sembravano fratelli.
Alle
sette lui era già in piedi. Mentre sorseggiava il suo caffè lungo
riempiva il termos, sarebbe servito per l'ennesima giornata di lavoro
in quello studio che sembrava un loculo mortuario. Tutto a novecento
euro mensili da tassare: “È incredibile come la Meccanica dei
Quanti interessi così poco a questo buco di culo formato Paese” -
si ripeteva ironico e spazientito. Arrivata la sera, tornava a casa
sui viali alberati, saturo di una spossatezza santa che lo appagava.
Era per questi momenti che aveva imparato ad adattarsi, ad accettare
la sua condizione mentre i fari dei taxi, insensibili a tutto,
giocavano ad accecarlo. Sentiva di edificare ogni giorno qualcosa di
nuovo anche quando si rendeva conto che Marzia non c'era più, ora
che li separavano dieci chilometri e quattrocento metri pieni di
silenzi. Dieci chilometri come pretesto e i quattrocento metri o poco
meno, utilizzati per salutarsi un'ultima volta... nemmeno più
ricordava quando. Avrebbe voluto poter fare qualcosa, spendere altre
parole per non lasciarla andare via stanca di lui. L'amava senza
senso. Senza via d'uscita. La ricordava in tutte le direzioni.
“Mentre sei lì che fai calcoli, un errore, un '+' invece che un
'-', può mettere fuori gioco il lavoro di un'intera settimana persa
a riflettere”. Era una questione di segni, ricordava sempre. Con
Marzia in fin dei conti bastò ancor meno e di segni lui non ne
percepì nemmeno l'ombra e prima che se ne rendesse conto era già
volata via dalla sua vita, lasciando un paio di lettere e delle
fotografie.
In
piena notte, togliendosi ore di riposo, sorseggiava del the come
copertura, utilizzava il miele come dolcificante e pensava. Pensava
così tanto che i suoi pensieri erano più di se stesso: “la Fisica
non è mai così difficile” - poi immaginava le particelle
subatomiche, alla loro vita che sembrava prendere un verso tutto suo,
un'esistenza che celava un enorme mistero. Marzia non si comportava
tanto diversamente, ed oggi era rimasto nel fondo dello stomaco, a
stringere come fosse una morsa, il ricordo di momenti fermati da
delle istantanee: “e pensare che nemmeno volevo farmele quelle
fotografie... ora non ho altro che quelle..” - albeggiava. Aveva
dei ricordi miopi ma presto li avrebbe dovuti abbandonare tenendo
stretto solo il nome di una persona ormai sconosciuta.
Quando
finì il dottorato era già in Luglio ed il sole scaldava con un
vigore nuovo l'aria secca che preannunciava il consueto caldo torrido. Massimo avrebbe preso gli avanzi economici di tre anni
a studiare l'Universo, per andare in Inghilterra con una valigia
piena di maglioni, cianfrusaglie buone per metà, ed una serie di
fotografie nitide come il sapore di uno sbaglio. Dieci chilometri e
quattrocento metri senza una nuvola, senza un dubbio.
Dieci chilometri e quattrocento metri di domande e abbracci mancati.
Dieci chilometri e quattrocento metri di domande e abbracci mancati.
Dieci
chilometri, quattrocento cazzo di metri
e nemmeno un alibi.
quantizzare la fine di un amore sarebbe inutile
RispondiEliminaTi leggo sempre ma non commento mai, un po' perché non saprei cosa dire, un po' perché preferisco parlarti.
RispondiEliminaStavolta, però, mi è scesa una lacrima a leggere bianco su antracite pensieri così simili ai miei. La Fisica davvero non è difficile quanto la vita.
Ale
La Fisica riesci a spiegarla, anche se sono necessari molti anni. Altre cose non riuscirai mai a spiegartele.
RispondiElimina@vale: già
RispondiElimina@Alessia: grazie per essere passata. So quanto ti sono vicine queste tematiche appena stupidamente accennate da me.
@Marika: già, per la fisica tanti anni, per l'altre cose nemmeno una vita.
A volte penso che abbiamo a che fare con una cosa troppo grande per noi, tu guarda la vita... è un confronto impari. E' l'impotenza che alberga in me, che mi fa sentire minuscola.
RispondiElimina@maraptica: se un giorno dovessi dimenticarti di vivere nel peggior monolocale subaffittato dell'Universo: http://www.youtube.com/watch?v=A7b_YCVc-tE
RispondiEliminaDieci chilometri e quattrocento metri.
RispondiEliminaQuante volte al giorno li percorre? 1,2,10? Deve avere un gran fisico questo Massimo per correre così tanto dietro a certi pensieri!
Non lo invidio affatto,sono una persona pigra si sa e i ricordi non mi sono mai piaciuti.Troppo egocentrici,figurarsi se si rincorrono.
E' una di quelle cose che a pensarci troppo,ne esci pazzo.No,magari!Il dramma è che non ne esci affatto.
Preferisco la Fisica,nonostante sia vergognosamente negata.'Moto rettilineo uniforme':inizierò da quello!Mi darò alla Fisica e all'ippica (ho intenzione di comprarmi un cavallo,come ti avevo scritto in un precedente commento).
'A quello che non capisci puoi dare qualsiasi significato',diceva qualcuno..ma se a qualsiasi significato non puoi dare ciò che non capisci a che serve?
Ormai il tuo blog è l'ultima cosa che leggo quotidianamente prima di dormire.Faccio sogni più sfocati e malinconici.Mi piace.
"'A quello che non capisci puoi dare qualsiasi significato',diceva qualcuno..ma se a qualsiasi significato non puoi dare ciò che non capisci a che serve?"
RispondiEliminaÈ un bellissimo pensiero Vale.
(e ti ringrazio che torni ogni volta).
massimo siamo in tanti ad amare senza senso. e a riempire valigie di maglioni e chissà quali altre chincaglierie..ma poi rimaniamo sempre nello stesso luogo...e ci perdiamo.
RispondiEliminaRicambio il passaggio di blog^^ e vedo che c'è una compagnia speciale qua: mia cuGGGì ..Maraptica :)
RispondiEliminaIl libro che m'hai consigliato è quello di Tumiati?
Dimenticavo, in pertinenza al tuo post, ti consiglio una musica (di questo vivo io) ma non so se è il tuo genere, ma te la lascio lo stesso
RispondiElimina"the blower's daughter" chi l'ha scritta e la canta lascio che lo trovi da solo :)
a presto.
si Tumiati!
RispondiEliminaCiao, ho visto il tuo commento sul mio blog e ho deciso di curiosare un po' il tuo. I tuoi racconti mi hanno rapita, mi piace come scrivi e devo dire che certi passaggio sono ciò che penso in questo momento.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la fisica beh...non ci ho mai capito un granché però concordo sul fatto che per lo meno è una materia a cui riesci dare una spiegazione logica, ovviamente dopo averci studiato sopra parecchio, mentre la vita a volte è veramente inspiegabile, ma se si riuscisse a "studiare" la vita forse perderemmo il gusto di viverla e accettare le sue conseguenze, qualunque esse siano.
@Stairway: già, probabilmente è meglio lasciarla così com'è, la vita.
RispondiElimina"Fotografie nitide come il sapore di uno sbaglio" ...velate - probabilmente- da un'insensata ragione d'essere che torna a disturbarci a dieci chilometri e quattrocento metri vestita di ricordi.
RispondiEliminalascio un grazie per avere incontrato queste parole tra i miei passi...