Le domande di Valerio.

Aveva chiuso l'ultima pagina del suo romanzo che, salvo ripensamenti, recitava così:

"Marzia indugiò ancora nei suoi occhi, era follemente innamorata di lui e presto anche lo sprovveduto l'avrebbe saputo. Entrambi si distrassero osservando il cielo, contemplando il movimento silenzioso e discreto degli astri che, come forme nuove ed arcane, circondavano l'esistenza di due cuori vicini che comunicavano muti. Sotto quel cielo d'autunno, anche gli uccelli che volteggiavano intorno al cipresso, erano in vena di confessioni. Mentre la Galassia d'Andromeda li stava raggiungendo, i due ragazzi si sarebbero parlati."

Valerio era insicuro, qualcosa strideva nella sua mente. E ansiosamente rileggeva decine e decine di volte i capitoli, recitava ad alta voce il finale. Provava a stordirsi con il vino, per assumere vagamente un punto di vista esterno. Non cercava nuove parole, diverse prospettive, era il finale in sé che non digeriva. Chiuso nella sua camera si chiedeva cosa sarebbe successo ai due protagonisti una volta girata la quarta di copertina: “Se dovessi scrivere un ipotetico secondo romanzo il problema si ripresenterebbe tale e quale..” - rifletteva tra sé. Si era reso conto che i personaggi da lui creati, avrebbero prima o poi dovuto vivere una vita tutta loro fatta di una quotidianità che nei romanzi risulta assente. Immaginava le figure, le immagini ed i personaggi da lui messi al mondo, incastonati in una routine da non lasciare scampo. E allora c'erano le bollette da pagare, il mutuo, la multa per le targhe alterne, i rincari del gasolio e gli spicci per il parchimetro. Tutta una serie penosa d'azioni automatizzate che rendevano la magia dei personaggi, un agglomerato grigio di azioni meccaniche ed insignificanti. “Perché mettere al Mondo uomini che non saprei far vivere autonomamente ed in modo dignitoso?” - si tormentava. Con la penna avrebbe potuto creare i migliori principi a cavallo o raccontare dell'ultimo tossico di periferia. Tralasciando i dettagli quotidiani, le zone morte della loro esistenza, avrebbe dato loro una dignità poetica senza eguali. Eppure nessuno riusciva a fuggire dalla catena di montaggio che rappresentavano le giornate, dalla depressione dei Mercoledì, dai sabati di Piazza e dalle Domeniche da morirci. Cosa serviva creare migliaia di personaggi se tutti erano destinati ad un'esistenza misera se immaginati al di fuori delle pagine romanzate? D'un tratto si rese conto che, nel riflettere sui futuri probabili delle sue scritture, faceva costantemente riferimento, come metro di giudizio, alla sua vita, o a quella del vicino, o magari a quella trascorsa dai suoi genitori che ora riposavano per sempre da qualche parte, nell'Universo.
D'un tratto il gelo.
Scorrevano come un film, dinanzi a lui, milioni di implicazioni, un puzzle da duemila e più pezzi che finalmente trovavano magicamente la loro sistemazione. Quante possibilità c'erano che lanciando in aria a caso due o tremila pezzi cadessero, incastrandosi, ognuno nella giusta posizione? “Potrei farmi la barba” - si disse senza ragionare oltre. In un monolocale male arredato, davanti ad uno specchio, un ragazzo accese il rasoio elettrico alle tre di notte ed iniziò a radersi con il piglio del professionista, sicuro e rapido. Occhi e mente solo al contropelo poi corse a vestirsi ed infilandosi l'eskimo senza imbottitura, si lasciò andare al caos subatomico della strada, della periferia, fino ai mondi immaginifici dei bar gestiti dalla comunità cinese locale. Quei luoghi mitici, patrie Socialiste del subaffitto modesto, non dormivano mai. E Valerio non voleva pensare. Annegò nel bicchiere.
In un monolocale freddo, Valerio era entrato in un vortice di domande scomode che avrebbero reso sterile tutta o gran parte della vita fino ad allora vissuta. Lasciò stare. Si fermò all'altezza dell'imboccatura. Non voleva scoprire la profondità della tana del Bianconiglio e preferì tornare indietro. Non aveva bisogno di quelle risposte, cercava leggerezze. Tra le palazzine, con un'opera prima mai consegnata alle stampe ed una Laurea ferma alla tesi,
Valerio non avrebbe rinunciato a vivere.

Commenti

  1. EMMENOMALE che Valerio si ferma in tempo. Da come si eran messe le cose, pensavo si gettasse nel Reno.
    Cristiana

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  2. NOn siamo tutti uguali fortunatamente. Valerio vuole vivere.

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  3. Quanto mi piace questo pezzo ! Vorrei leggere quel libro , non solo l'ultima pagina ... Da qualche parte, credo ci sia per tutti noi una persona che se la incontrassimo renderebbe la nostra quotidianità di coppia mai banale ,mai scontata e pur in mezzo alle difficoltà ci sentiremmo grati e ricchi , veramente ricchi .Bisogna avere un gran culo per trovarla ,e a me pare che quasi tutti abbiamo un piccolo culo ...per niente grande ...Ti abbraccio Guido , beso Stefi G.

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