There is nothing for me here.


Sono colpito da vertigini inattese. Da un senso di spaesamento a cui talvolta non riesco a trovare alternative. Sto maturando una weltanschaaung che ogni giorno si evolve e sembra che con l'approfondirsi e l'acuirsi del disagio, essa assuma sempre di più i caratteri di una visione d'insieme unitaria e totalizzante in senso negativo. Un nemico invincibile a cui non posso oppormi in nessun modo. Provo lo stesso malessere di Antoine Roquentin dell'opera sartriana, al punto che guardandomi intorno ho il terrore che nasca in me anche solo il sentore della 'nausea', un mostro pronto a divorare i palazzi nel mio cuore e chi vi abita abusivamente, senza pietà.
Provo smarrimento. Uno smarrimento che non riesco a sostituire con nessuna attività produttiva tanto che tutto ciò che prima facevo, ora, risulta ai miei occhi banale e privo di significato, come di un qualcosa che non potrà mai avere mezzo futuro ma, tutt'al più, un passato remoto. Meccanicamente ripeto ogni giorno le stesse azioni ed allora accendo il cellulare di prima mattina e, dopo essermi pentito, leggo i messaggi. Ad alcuni rispondo, ad altri no senza una vera motivazione di fondo. Quando riesco ad alzarmi forse piscio e prima di farlo mi guardo allo specchio per vedere la mia anima incatenata ad un corpo-relitto che però non affonda mai veramente. Poi dipende dai periodi dell'anno e dall'orario in cui mi sveglio ma il resto della giornata cambia sempre di pochissimo: ci sono all'interno le sconfitte giocando bene, dei libri e qualcosa da mangiare, da bere.

Non c'è niente per me qui,

né in uno qualsiasi dei mondi possibili (anche se questo è senza dubbio di gran lunga il peggiore). Basta tirare il naso fuori dalla finestra della mia camera e respirare a pieni polmoni chiudendo gli occhi. Il resto è solo un viaggio senza significato in luoghi ipotetici. Nei momenti di miglior isolamento, dove non sento la testa gridare né nient'altro provenire dal basso, do ascolto a ciò che sento, lascio andare lo sguardo dove vuole e nonostante io sia perennemente lontano, non riesco a perdere di vista i contorni a pezzi dell'intonaco del palazzo, come se volesse essere la gabbia ipotetica che mi trattiene in questa realtà unica ed immutabile. Talvolta ho la sensazione che questa via e questa finestra non l'abbandonerò mai, nonostante le strade lunghe, le serpentine e le rotatorie, nonostante le fughe storiche ed i ritorni penosi. È impossibile fuggire da ciò che si è, anche se la natura ha deciso di annientarti. Tu non vuoi sfidarla. Non vuoi giocarti tutto perdendo con l'onore di un samurai. Non hai il coraggio di entrare nel bosco per cercare te stesso, da qualche parte.
Tutto questo è spiegabile con lunghi silenzi e pesanti pause, con abbozzi di spiegazione senza via d'uscita, con tentativi di giustificazione falliti in partenza. Ma cosa dire quando non si conosce nemmeno il nemico contro cui si combatte quotidianamente? Come trovare il coraggio di sfidarlo? Come mettere a tacere i morsi della nausea selvaggia che impedisce a qualsiasi essere umano di credermi e di percepire queste difficoltà (che sul mio volto sono inesistenti)? Tutti guardano ciò che esce fuori dalla catena di montaggio del mio corpo. E allora il Tutto diventa la mera somma delle parti composte da sorrisi, pianti, parole, spunti e qualche bestemmia. Così come nella vita è fondamentale solo la Produzione (ciò che appare), allo stesso modo tutti basano le loro aspettative su ciò che una persona riesce a dire o a fare, sulle pose che essa riesce ad assumere. Ma non può essere tutto così facile. Due più due dà cinque più spesso di quanto si possa credere. Sopra le strade lunghissime, nelle corsie dei supermercati, i prodotti colorati ci stordiscono, qualcuno li ha assemblati ed in questo momento vive sottopagato, forse già non lavora più, in qualche modo è in deficit ma gli scaffali sono sempre lì: tronfi, grassi, esagerati, privi di significato. Qualcuno striscia per terra e va a produrli, ogni giorno. Nel resto della sua vita però è una persona inesistente perché ha già adempiuto alla sua mansione per la quale sta bruciando la sua esistenza. È in difficoltà, sta annegando e nessuno può percepire il relitto, almeno fino a quando gli scaffali non si svuoteranno ma a quel punto però sarà già tardi per tutto. Lui con qualche 'contratto a progetto' ed un nuovo ciclo d'anonimato. Io senza contratto ma, soprattutto,
senza progetto.

Commenti

  1. Almeno tu ti riconosci allo specchio.
    A volte io mi chiedo chi sia 'quella', e mi perdo.
    Cristiana

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