Fine.


Se provassi a riunire tutte le luci, le notti, le città ove sono solo transitato e dove invece ho vissuto, le ore perse, i treni presi, i traguardi solo sognati, quelli raggiunti e i rimpianti che ha raccontato questo blog; se provassi a disegnarli sopra un foglio di carta, sarebbero così tanti che - alla fine - non rimarrebbe che una pagina completamente nera e piena di segni sovrapposti uno sull'altro. 

È impossibile dare contezza del tempo che passa senza rischiare di lasciar fuori nulla, senza incappare nell'eresia di non dar conto di tutto quello che una persona può aver vissuto in 8 anni, da quel 3 ottobre 2010, il giorno in cui - mosso dalla noia e dall'annichilente routine universitaria - diedi i natali a questo blog pieno di cose alla rinfusa. È un ricordo stabile nella mia mente come una fotografia: io a Bologna, accovacciato sul soppalco; Luca steso sopra il letto mentre ascolta post-rock. Fuori un tempo da far schifo in una città che oggi mi dicono non esistere quasi più. 

In questo momento vorrei prendere un InterCity, scendere a Bologna come facevo sempre, percorrere i portici di Via Guglielmo Marconi, procedere in Via Barberia, dribblare la serpentina di Via del Riccio, salire in quella casina minuscola - chissà oggi abitata da chi - e accovacciarmi sul soppalco 8 anni dopo. Mi guarderei intorno spaesato e proverei quella sensazione straniante che il trascorrere implacabile del tempo ti lascia sulla pelle.

Mi ritrovo con tanti ricordi che mi gironzolano per la testa; ricordi che avrebbero bisogno di qualche minuto per essere messi a fuoco meglio, magari anche di una notte per guardarli da un'altra angolazione. 

Ora che ci penso non sono sicuro neppure di voler pubblicare ciò che ho scritto fino ad ora, di getto. Ho perso la voglia di scrivere e non mi affascinano gli esercizi di stile; non sento la necessità di raccontare e raccontarmi; dovrei coltivare l'inventiva e la voglia di fantastico che ho lasciato da qualche parte, sbadatamente; sono diventato più schivo; ho moltiplicato gli sbagli; i difetti li ho tutti, anzi, forse con gli anni ne ho guadagnato qualcuno nuovo di zecca; ho perso più capelli di quanti ne avessi mai avuti; sono aumentate le rughe, anche se non ne sono sicuro; mi sono cresciuti i primi peli bianchi della barba, o almeno così dicono. Solo una cosa è rimasta tale e quale: quella facoltà che espressi il primo giorno, prendendo a prestito le parole di una canzone, 8 anni fa; una facoltà che nasconde nel suo intimo la speranza e rappresenta forse anche un modo di intendere e approcciarsi alla vita e alle sue difficoltà. Scrissi, citando i CCCP Fedeli alla Linea: "Posso essere uno stupido felice".

Lo posso essere per davvero. 
Ed è un invito al domani.

Tanti cari saluti a chi è arrivato a leggere i titoli di coda.
A chi almeno una volta ha fatto un giro da queste parti.
La Ballata di Stroszek si ferma qui.

                                                                                                                                                                G


Commenti

  1. Mi piace pensare che la ballata non sia finita davvero ma che continui al di fuori di questi quattro fogli elettronici neri.

    Spero tu sia diventato quello stupido felice.

    A

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