Una specie di silenzio.
Trascorremmo quell'Estate africana a
raschiare via la salsedine dai nostri corpi contundenti. Dal
lungomare giungeva l'eco di una città esausta, stanca come un
oggetto utilizzato troppe volte, violentata dal calore di Agosto che
di lì a qualche mese avrebbe fatto le valigie. L'asfalto era
inutilmente rovente e si lasciava coprire solo a chiazze dalla sabbia
che poi, stanca dei lunghi viaggi in preda al vento, riposava in
terra. Nei pomeriggi migliori ci dissetavamo di un sole rovente da
seccare la pelle e la prima fila di case a schiera sembrava brulicare
di formiche impazzite e frutta fresca. Ci accompagnavano a casa, se
eravamo fortunati, i temporali estivi, le fughe storiche.
In queste gite al mare domenicali
prendevano forma paesaggi provinciali solo vagamente confortanti, i
muri parlavano di un tempo in cui qualcuno lì in un imprecisato
istante è stato qualcunoqualcosa; e le casette a schiera ormai
disabitate in favore di un'edilizia più intensiva, facevano da nido
a quelle piante rampicanti che d'estate erano secche ed annoiate. Le sere
infrasettimanali ed anonime raccontavano la calma irreale dei cieli
neri disturbati solo dall'eco delle balere dove non andavamo, o dei
circhi itineranti, di volteggi e di spettacoli sgraziati. Il pesce
fresco da Carmela. Il quadro del marinaio chino sulle reti. Rimanere
leggeri dopo il tramonto. Sudare una notte intera.
Tutte le nostre cose sono ancora lì: i vestiti, le lavatrici fatte e le lenzuola fresche, i ricordi commossi, e il vino che ci concedeva la memoria delle canizie di tuo padre che un giorno tornerà.
Tutte le nostre cose sono ancora lì: i vestiti, le lavatrici fatte e le lenzuola fresche, i ricordi commossi, e il vino che ci concedeva la memoria delle canizie di tuo padre che un giorno tornerà.
Oggetti immobili in attesa del ritorno,
di un riaffermarsi nuovamente di una realtà che è costretta a presentarsi infinite volte anche se non vuole; un processo meccanico dove l'uomo, i suoi pianti, gli orari scanditi e i modelli 730 non significano niente.
Immaginare di tornare e
di rivedere tutto in attesa.
Forse ci spaventerebbe una specie di
silenzio.
E anche qui si vive di ricordi, spesso mi rivedo nel tuo blog. E' una cosa bella, che mi scala il cuore. Ciao
RispondiEliminaTi ringrazio,
Eliminagentilissima sempre.
G.
Era tanto che non passavo di qui, presa da altre cose non mi prendo più momenti x me a cercare l'ispirazione nelle parole degli altri. Bello rileggerti. Di tutti i mari che ho visto, questo tuo ricordo/racconto mi riporta a Porto Recanati, una sola volta, 3 anni fa.
RispondiEliminaTorneranno tutte le stagioni.
EliminaG.
Tu sei da scoprire come le lenzuola fresche o come un'idea di isola che - mi piace pensare - esce da questa specie di silenzio...
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