Ils viennent se chauffer chez moi. Et toi, aussi, tu viendras.
Françoise
Hardy cantava leggera, sussurrava qualche parola dal giradischi
posato in terra ma io già non prestavo più attenzione, vagavo
oltre. La mia immaginazione altalenante, a tratti buona e a tratti
cattiva consigliera, si posò sul ricordo di questi programmi alla televisione che organizzano per completare il
palinsesto notturno. Trasmissioni seguite in special modo da insonni
cronici, feticisti disinformati e cultori del cinema di
sperimentazione. Residui bellici, in pratica. Accesi il televisore
prestando attenzione a scegliere l'emittente pubblica e mi imbattei
in questi cantanti negli anni sessanta, agli albori. Allora c'era
Daolio con quella barbetta scandalosa e i fondi di bottiglia che
facevano tanto figo. Lui era vestito in completo bianco: “mi
baciava le labbra ed io di rabbia morivo giààà!” - e dietro le
fan a strapparsi la cotonata; poi arrivava la Rettore (l'astuto
lettore capirà autonomamente che siamo già in un periodo diverso
rispetto al Daolio), in paillette e due grammi di coca in corpo, che
inizia a guadagnare gli spalti saltando addosso al pubblico in
delirio. Cambio canale: “Per
ora rimando il suicidio e faccio un gruppo di studio: le
masse, la lotta di classe, i testi gramsciani...far finta di essere
sani!” - se la ride un tizio con il naso ricurvo, nascosto in un
abito elegante.
Spengo. Basta. Mi prendo un minuto ed
inizio a divagare sulla bruttura della cultura di massa attuale. Dopo
questo viaggio nel tempo, osservando epoche e persone mai vissute e
viste, rifletto sulla totale assenza di gusto estetico di questi
giorni, di valore morale e di senso del bello anche nel semplice pop, poi di colpo mi
sovviene quel film di Woody Allen dove come protagonista c'era un
ragazzo atto a rincorrere per tutta la pellicola, disperatamente, i
tempi che furono, fisicamente, cercando il sublime in periodi passati
e nei grandi rimossi della storia. Allora mi rendo conto, così come
poi a fine narrazione sarà consapevole il protagonista, che questa
mia nostalgia è stupida, insignificante, a suo modo anch'essa di
massa e fondamentalmente piccolo borghese. Devo arrendermi, allora,
di fronte all'evidenza che non sono l'unico a porsi in questo stato
mentale. Che qualcun altro lo ha già fatto in un altro Spazio
rispetto a dove mi trovo io (magari al piano di sotto), così come in
un altro Tempo. E dirò di più, è del tutto probabile che il
suddetto Daolio, ora solo triste icona di repertorio, mentre
sconvolgeva le sue fan, era biasimato da un povero cristo che, da
qualche parte in una stanza, viveva in una sorta di reclusione
auto-imposta a causa della cultura del suo tempo. In quarantena
ideologica come me questa sera che vaneggio sul trash non più trash
e sulla musica d'autore non più musica d'autore.
Prendo un bicchiere e verso due dita di
vino con l'idrolitina. Butto giù. Adesso sento i passi in stanza
della Hardy (giustamente scocciata per la poca attenzione riservatale
fino ad ora). La vedo arrivare prima in tacchi, ma è un lapsus, mi
correggo ed entra direttamente scalza con quelle fossette in volto
che sottolineano sfacciatamente gli zigomi. La frangetta un po'
scomposta appena sopra due occhi lunghi come le Americhe. Si siede al
mio fianco e semplicemente mi guarda acconsentendo tacitamente a fare ciò che voglio del mio corpo anche in sua presenza. Il resto sono gambe,
un'eccitazione vibrante (chiamala se vuoi.. erezione) ed un coito.
Ora però provo smarrimento.
Dietro di me una finestra è mal celata
da due tende verdi di ciniglia recuperate da un copriletto fatto a
pezzi dopo un attacco di panico. Improponibili.
Fuori il cielo vagabondo è stabilmente una merda.
Fuori il cielo vagabondo è stabilmente una merda.
Domani forse, se migliora, pioverà.
Midnight in Paris, bello... mi è piaciuto. Forse siamo scontenti di noi stessi e quindi di tutto ciò che ci circonda.
RispondiEliminasi forse il problema, come si dice in questi casi, "è dentro".
EliminaG.
Forse siamo scontenti di noi stessi, è possibile... ma è anche indubbio che il senso del Bello, è stato deturpato e che spesso si ricorre alla reclusione auto-imposta, per difendersi dal volgare dilagante.
RispondiEliminaCiao G. e grazie!
Lara