..di tutto il mondo, unitevi!


L'operaio prende il martello, le viti e tutti gli attrezzi che servono, poi tira su l'impalcatura incrociando come una griglia i tubi metallici stretti tra di loro. Ecco fatto un cantiere. E si edificheranno le fondamenta impastando il cemento armato per le colonne portanti che saranno lo scheletro senza sangue del palazzo, della tua Santa stanza. Qualche mese e subappalto abusivo per costruire l'involucro di arterie, nervi e muscoli, che mantiene come un forziere le disgrazie, i sogni ed il sacrario delle illusioni nel cuore. Noi vivevamo questo. Io, te, la famiglia che ci abitava di fronte e che non salutava mai, il cane che ci pisciava sul portone, i ragazzi al piano di sotto che si credevano star dell'hardcore a 180 battiti per minuto, una musica assordante ad ogni ora e la mia chitarra che si trasformava, per magia, in un soprammobile. Disgrazie più o meno consapevoli, contemporanei musicanti di un'orchestra che si erge sul palco con la sua sinfonia. La vita era per noi un suono monotono fatto di auto, di abbonamenti per il tram, di multe non pagate, di versamenti non effettuati, di affitti "mi dia ancora una settimana e le do il resto", degli anonimi venticinque per sei fottuti crediti formativi. Un suono noioso, inutile e ripetitivo, di un concerto già visto, di uno spettacolo di provincia che conosce il suo incipit nella produzione, lo svolgimento nel consumo e l'epilogo nella morte quando tutti alla fine applaudono e ti dicono che "eri tanto una brava persona".
Quando eri stanca mi chiedevi di parlarti di Marx, volevi sapere che cazzo c'entrava con Hegel e la storia di Kant che da giovane giocava con gli amici a biliardo. Io ti raccontavo tutto, non dei libri, ma della mia vita perché io non avevo altro che le storie di persone morte cento e più anni prima. Non so se tu mi amassi perché non potevo darti niente, o se invece non mi amavi e semplicemente donavi la tua solitudine, qualche feticismo e ciò che ti rimaneva a fine mese. Non avevamo bisogno dell'amore, avevamo bisogno di sapere che se avessimo avuto una crisi di nervi, qualcuno sarebbe stato indirettamente presente. Ci serviva il testimone delle nostre vite da consumatori, solo questo, e lo sapevamo, ma non potevamo dircelo. Per farti sentire la speranza ti leggevo una parte del Manifesto del Partito comunista perché a te piaceva credere ancora in qualcosa, come i preti.. ed io recitavo come se leggessi Dante: "Proletarier aller Länder, vereinigt euch!" - e non mi accorgevo che già dormivi, provinciale, sognando le processioni e le stelle, lontana duemila anni luce dalla catena di montaggio e dalle tristezze, ovvero da me.

Commenti

  1. Anche questo tuo scritto è molto bello.
    Complimenti!
    Lara

    RispondiElimina
  2. Sei molto travo a tessere le parole.
    Cristiana

    RispondiElimina
  3. Il tedesco è una lingua così dolce, non trovi?

    RispondiElimina
  4. Sono mezza austriaca, quindi di parte, quindi si, süß Deutsch forever...eheheh. E poi il francese è così altezzoso, pur parlicchiandolo, ho come un rifiuto alle corde vocali. Penso sia una questione psicologica.

    E comunque,
    tu sei consapevole vero che il tuo fuso orario è sfasatissimo?

    RispondiElimina
  5. ahahaha è vero Irene. È che ormai tendo a considerare la mia insonnia incurabile!

    RispondiElimina
  6. Intendevo piuttosto riferirmi al curabilissimo orario che appare nei commenti...mi confonde le idee, cipicchiola!
    A meno che non sia voluto, in tal caso tenderei a stimarti per l'estrosità.
    (h.16.40, sul mio orologio)

    RispondiElimina
  7. ahahaha effettivamente quello è curabile, solo che...... non so come farlo!!!

    RispondiElimina
  8. Allora non curarlo, meglio cosi..vedi come sembriamo mattinieri in questo modo? E' cosa buona e giusta!

    RispondiElimina
  9. E mi ci riperdo dentro, se pur dev'essere quel mix di vitarealeimmaginaria di cui mi prlasti, per me è tutto troppo, ma davvero troppo, vero. Bravo eh, rischio di diventare ripetitiva :)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari